L’ortodonzia miofunzionale con apparecchi preformati è in grado di promuovere modifiche strutturali?

Per rispondere a questa domanda dovrò per forza fare una piccola premessa. 

Ogni individuo è unico: si nasce con un potenziale genetico, noto come genotipo, che si tramanda per generazioni. In un mondo ideale, in cui tutto va secondo i piani durante la gravidanza, la nascita, il post-nascita, l’allattamento, la crescita e lo sviluppo, dovremmo essere in grado di esprimere e realizzare questo potenziale genetico e diventare il miglior “noi” possibile. Ma nel “mondo moderno”, l’ambiente che ci circonda, l’aria che respiriamo, il tipo e la qualità degli alimenti, e le cattive abitudini che possiamo assumere, non ci permettono quasi mai di esprimere del tutto quel potenziale genetico lasciandoci in uno stato di compromesso, noto come “fenotipo”. Il fatto che un tratto genetico non sia stato pienamente espresso non significa che quel tratto sia scomparso o non esista più. Significa solo che alcuni modelli di comportamento ne hanno represso l’espressione. La scienza che studia questo fenomeno è l’Epigenetica. 

Ora dovrò per forza generalizzare, perché quello che leggerete non può essere applicato universalmente nei casi di gravi anomalie genetiche, traumi o interventi strutturali e/o chirurgici che abbiano causato modifiche irreversibili.

Ci sono 2 scuole di pensiero.

Una, più tradizionale, dice che il danno è già stato fatto e che è necessaria una forza meccanica per invertirlo. Questo è il mondo dell’ortodonzia che utilizza “apparecchi fissi” attaccati ai denti. Spingendo sui denti si forza l’allargamento dell’arcata, solitamente il palato, ma un discorso simile si può fare anche per la mandibola. In pratica si forza un sistema che non si è mai sviluppato secondo il suo potenziale genetico a causa di un modo di respirare non fisiologico, di una postura della lingua scorretta e di altre disfunzioni posturali e muscolari durante la fase di crescita e sviluppo, cercando di ripristinare le giuste proporzione ancorandosi ai denti ed agendo meccanicamente.

L’altra scuola sostiene che il potenziale genetico esiste ancora e che le arcate possono e devono essere “incoraggiate” a svilupparsi in quella direzione esercitando forze molto leggere sull’arcata stessa – non sui denti, se non in parte minore – e in assenza degli ostacoli che ne hanno inibito la piena espressione, ovvero andando in primis (o contemporaneamente) a risolvere i problemi funzionali e muscolari del paziente. A volte questi “ostacoli” possono trovarsi anche al di là del cavo orale, e richiedere l’intervento di altri specialisti.

Personalmente trovo che il concetto di “incoraggiare lo sviluppo dell’arco” sia molto più sensato di quello di “forzare l’espansione dell’arco”, ma ci sono casi in cui il danno è così grave da richiedere un intervento forzato. Anche in questi casi prediligo intraprendere ove possibile un percorso di riabilitazione funzionale e muscolare che supporti il trattamento, anche se “limitato” durante l’utilizzo dell’apparecchio fisso. O, meglio ancora, se il caso si presta, utilizzare un apparecchio fisso che lavori insieme ai dispositivi preformati e non interferisca con la terapia miofunzionale, ma anzi la assecondi nel raggiungere gli obbiettivi.

L’importante è sempre la diagnosi, identificare bene le cause prima di intraprendere un percorso di riabilitazione, perché se non si affronta il motivo per cui si è instaurata la malocclusione, non si fa altro che combattere contro il modo in cui il corpo ha deciso di operare per sopravvivere. I denti storti, in genere, sono una conseguenza di disfunzioni nel resto del corpo che si manifestano in bocca. Naturalmente devono essere corretti in bocca – da dentisti e ortodontisti – ma è improbabile che si ottenga stabilità o equilibrio se non si affrontano anche le cause sottostanti.

Per tornare alla domanda iniziale, per il mio percorso di formazione e per l’evidenza clinica che ho potuto constatare direttamente sui pazienti che ho avuto ed ho in cura, la risposta è sì. L’ortodonzia miofunzionale con apparecchi preformati promuove modifiche strutturali se si attua una strategia che vada a risolvere i problemi funzionali e muscolari che hanno determinato l’instaurarsi della malocclusione. Se si mette al centro del trattamento la terapia miofunzionale e si accompagna il paziente attraverso un percorso di riabilitazione, fatto di esercizi funzionali e muscolari e di apparecchi preformati e/o fissi che rafforzino la parte attiva del trattamento e condizionino la matrice funzionale, ovvero tutto ciò che sta attorno ai denti ed ai mascellari, è possibile sboccare il potenziale genetico e promuovere lo sviluppo armonico delle arcate.