E così l’ho fatto!
Che cosa?
Eh, qualcosa, per me, davvero di “rivoluzionario”. Qualcosa che dico e faccio vedere sempre ad ogni corso, ad ogni seminario, summit, webinar, qualcosa che in ambito universitario avevo già detto qualche volta, per esempio alla lezione agli specializzandi dell’Insubria, ma stavolta era diverso, stavolta c’era l’ufficialità, l’onore e l’onere di condividere la scena con illustrissimi colleghi, quali il Professor Vincenzo Quinzi e la Dr.ssa Dina Buonocore. C’era l’invito del Professor Vincenzo D’Antò e della Professoressa Ambra Michelotti a tenere una lezione al Master di II livello in “Nuovi Approcci Clinici nell’Ortodonzia Contemporanea”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia.
Insomma, i presupposti per essere un po’ emozionato c’erano tutti, perché sapevo che, in questo contesto quasi sacro, avrei messo in discussione fin dalle prime slide più di un secolo di Scuola dell’Ortodonzia.
Il tema era l’ortodonzia intercettiva, ed è sempre molto affascinante come, da 3 relatori, sono stati proposti 3 approcci completamente differenti. Il Professor Quinzi ha parlato tantissimo di struttura e di espansione palatale con l’espansore rapido ed altri dispositivi, con un approccio molto ben documentato ed avallato dalla letteratura scientifica. La Dr.ssa Buonocore ha invece affrontato il tema utilizzando un protocollo che prevedeva l’utilizzo di allineatori trasparenti. Posso solo fare i miei più sinceri complimenti ad entrambi per il loro percorso accademico e per la bellezza dei casi che hanno mostrato.
A me era stata assegnata la “Rieducazione miofunzionale con dispositivi elastodontici”.
Per spiegare ai discenti come la terapia miofunzionale (TMF) possa essere il vero motore di un trattamento ortodontico (che è esattamente il principio alla base dell’ortodonzia miofunzionale così come fu teorizzata dal suo padre fondatore Alfred Paul Rogers piu di 100 anni fa), bisogna partire dal ruolo dell’Epigenetica nella crescita e nello sviluppo craniofacciale, di cui ho già parlato in questo articolo.
Perciò, assodato che per promuovere modifiche strutturali si debba andare ad attuare una strategia che vada a risolvere i problemi funzionali e muscolari che hanno determinato le anomalie di sviluppo dei mascellari, ho potuto affermare in una delle slide che ho mostrato ai discenti che la diagnosi di malocclusione inizia dall’indagine degli SMOF, gli “Squilibri Muscolari Oro Facciali”.
Ora, dire che la diagnosi parte da qui, e non dall’analisi della struttura, è un cambio di paradigma. Se le anomalie di struttura sono determinate dagli squilibri miofunzionali, e sono perciò l’effetto, e non la causa della malocclusione, allora che senso ha impostare il piano di trattamento dal tracciato cefalometrico o aspettare il picco di crescita?
Eppure la quasi totalità degli ortodontisti italiani impostano i loro trattamenti in questo modo.
Non che io sia contro l’analisi della struttura, ci mancherebbe. Intanto anche la struttura ad un certo punto impedisce alla funzione di esprimersi, e quindi ben vengano rialzi tipo Planas per riposizionare la mandibola o l’espansione al mascellare superiore, ma ancor prima mi preoccuperei di eliminare le cause alla base di un’ostruzione delle vie aeree superiori o frenuli linguali o labiali troppo corti.
Ma dov’è il senso di fare un’indagine sulla struttura al punto 0 di un trattamento ortodontico intercettivo in un paziente in crescita, senza aver prima curato gli SMOF?
Potendo, avrebbe senso farla sul suo genotipo, non sul fenotipo, ma questo per ovvie ragioni non è possibile (almeno per il momento, ma gli scenari alla “Gattaca” non sono poi così lontani). Se il paziente ha un potenziale di crescita e sviluppo inespresso a causa delle interazioni che ha con sé stesso e con l’ambiente che lo circonda, non è meglio preoccuparsi prima di rimetterlo nelle migliori condizioni possibili per poter esprimere la sua vera natura? Già solo così si eliminerebbero la maggior parte delle malocclusioni (per non parlare delle ripercussioni positive sulla salute generale).
Se poi quel potenziale di crescita denota una grave anomalia strutturale che è indipendente dagli SMOF, prima di arrenderci alla chirurgia possiamo sempre mettere in atto una strategia ortodontico-miofunzionale con terapia miofunzionale amplificata dai dispositivi preformati che guidi, quasi “costringa” la crescita verso il fenotipo che vogliamo ottenere, perché “Dove c’è una lotta tra i muscoli e le ossa le ossa hanno sempre la peggio” Thomas M. Graber (1917 -2007).
Prima si intraprende questo percorso con il Paziente, più probabilità ci sono di successo (altro che aspettare il picco di crescita).
Ed ecco il corpo del reato, la slide incriminata 😀
Naturalmente ci sarebbe poi da valutare se il problema (spesso più di uno) che ha determinato l’instaurarsi degli SMOF ha origine discendente e/o ascendente, ovvero se sono stati fattori al di là del terzo medio ed inferiore del viso che hanno determinato l’instaurarsi di uno squilibrio orofacciale (per esempio una anomalia strutturale come una stenosi spinale, o un eterometria delle gambe), o se lo SMOF è causa di problemi che vanno anche oltre il distretto orofacciale come potrebbero essere per esempio quelli legati alla visione ed alla postura.
Forse meglio non scoperchiare del tutto il Vaso di Pandora (però, piccolo umile consiglio in punta di piedi, cercate di guardare oltre i denti ed i mascellari quando fate diagnosi).
Ancora un enorme grazie per l’invito ricevuto, e che spero di essere riuscito ad onorare, alla Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, in particolare alla Professoressa Ambra Michelotti ed al Professor Vincenzo D’Antò, agli studenti del Master ed alla città di Napoli.
Approfitto anche per ringraziare il Dottor Marco Gaia, docente e tutor della Scuola di Clinica Neuro Visio Posturale del Professor Luca Giannelli, col quale, anni fa, ho avuto il piacere di approfondire le relazioni neurofisiologiche e l’impatto dell’apparato stomatognatico sul sistema visivo e posturale. Scuola che mi ha dato tanto in termini di formazione e che nomino sempre con orgoglio in quella slide.
Chiudo con una citazione che piace sempre agli osteopati con cui collaboro: la mandibola è la prima vertebra cervicale.